Parma, 29 luglio 2022L’avvocato Antonio Pinto, responsabile area Prodotti bancari assicurativi e finanziari di Confconsumatori, chiarisce lo scenario e le conseguenze per i cittadini a seguito delle recenti novità annunciate dalla Banca Centrale Europea.

Dopo le due decisioni della BCE, cosa succede per i cittadini?

Con un tasso di inflazione salito ormai all’8% su base annua, a pagare sono soprattutto le persone meno abbienti, ossia quei cittadini per i quali i consumi di beni essenziali (e quindi insopprimibili) rappresentano una quota significativa del proprio reddito. L’ultima rilevazione Istat di giugno, proprio su questi beni e servizi essenziali, registra incrementi rilevanti. Inoltre, siccome per le famiglie del ceto medio una risposta possibile al lievitare dei prezzi dei beni essenziali è ritagliare somme da altre voci di bilancio, un ulteriore effetto collaterale è che si comprimono le spese per l’acquisto di beni meno rilevanti, oppure si intaccano i risparmi. Infatti l’ultima ricerca di Nilsen IQ attesta che il 96% degli intervistati ha dichiarato di voler rivedere le proprie priorità di spesa. Le conseguenze più probabili, in questa fase, sono, ad esempio, tagli su vacanze e pasti fuori casa e, soprattutto, il rinvio dell’acquisto di beni durevoli.

AUMENTO DEI TASSI D’INTERESSE – Con l’aumento dei tassi d’interesse dello 0,5% deciso dalla BCE si assisterà anche a un innalzamento dei tassi di interesse per l‘accesso al credito da parte di imprese e famiglie. Chi vorrà stipulare un nuovo mutuo per l’acquisto della casa, ad esempio, troverà tassi d’interesse più alti che arriveranno molto presto al 3%. Chi ha già stipulato un mutuo a tasso variabile pagherà interessi più alti sulla rata; nessuna conseguenza, invece, per chi ha stipulato un mutuo a tasso fisso.

Quella della BCE è una scelta rischiosa perché in realtà la storia (si pensi al periodo degli shock petroliferi) dimostra che la risposta classica delle politiche monetarie volte ad abbassare l’inflazione, alzando i tassi, causi caduta di PIL e quindi recessione. Peraltro la nostra inflazione non deriva da un eccesso della domanda, ma da un aumento dei prezzi lato offerta, dovuto sia all’aumento dei prezzi della filiera produttiva e distributiva, sia alla scarsità di materie prime.

Grazie ai tassi più bassi, nonostante il Covid, il totale dei finanziamenti richiesti per l’acquisto di una casa è passato dai 383 miliardi di fine 2019 ai 417 miliardi di maggio 2022, con un aumento di 34 miliardi, a riprova che quei tassi hanno stimolato il mercato immobiliare, consentendo l’acquisto di una casa a tassi oggettivamente molto vantaggiosi.

Assisteremo poi a un innalzamento dei tassi delle cedole dei bond: mentre questa è una buona notizia per gli investitori, non vale lo stesso per le aziende che si finanziano ricorrendo all’emissione di obbligazioni sul mercato, perché dovranno pagare rendimenti più alti.

SCUDO ANTI-SPREAD – La BCE ha anche appena istituito un nuovo scudo anti-spread chiamato TPI-Transmission Protection Instrument. Strumento che consente alla BCE di effettuare acquisti illimitati di titoli di Stato di Paesi che subiscano un aumento ingiustificato e disordinato degli spread rispetto al Bund tedesco. Il TPI non è uno strumento di intervento continuo e giornaliero, verrà utilizzato solo quando e dove necessario. Il mercato non conoscerà ex-ante il livello dello spread oltre il quale non conviene spingersi ma, come ha detto Lagarde chiaramente: “può star certo che la Bce interverrà tagliando gli eccessi”.

Tuttavia, l’accesso alla protezione del TPI non è automatico ma è legata alla sussistenza di 4 criteri: il rispetto dei requisiti sul bilancio pubblico indicati dalla Ue, l’assenza di gravi squilibri macroeconomici, la sostenibilità del debito pubblico, l’adozione di politiche solide e sostenibili nel rispetto degli impegni presi con il PNRR e con le raccomandazioni specifiche della Commissione europea. In altre parole, per poter attivare lo scudo anti-spread, spetterà ai singoli Paesi la responsabilità di soddisfare i criteri di ammissibilità al TPI.

In questo scenario, i consumatori possono provare a difendersi innanzitutto con i sistemi classici: scegliere i prodotti in offerta o a primo prezzo, optare per distributori per loro natura più economici come i mercati o negozi dell’usato, sfruttare pagamenti rateali. Ma sono palliativi. È chiaro che solamente interventi strutturali risolveranno questo periodo. Ormai occorre: a) trovare la via tecnica per porre un tetto alle tariffe e quindi alle bollette; b) il taglio del cuneo fiscale per liberare risorse per le aziende che assumono e per i lavoratori che vedrebbero mantenuto il potere di acquisto dei loro salari; c) forme di incentivi sui consumi di beni di settori in crisi.

Purtroppo – in alcuni settori – confrontare le offerte non serve ai consumatori, perché di fatto fra un venditore e un altro la differenza spesso è minima: è il caso della benzina per cui recenti studi hanno dimostrato come fra il distributore più conveniente e quello con i prezzi più alti la differenza fosse appena del 2%!.

La buona notizia è che per ora – grazie al Decreto approvato dal Governo a giugno – gli aumenti in bolletta di luce e gas e carburanti rimarranno in buona misura sterilizzati fino al 30 settembre.

di Antonio Pinto