Timesharing: annullati a Milano il contratto di vendita e il finanziamento collegato Confermato il principio che riguarda tutti gli acquisti effettuati con un contratto di finanziamento procurato dalla stessa società venditrice

Milano, 12 giugno 2013 – Una nuova sentenza del tribunale di Milano ha accertato e dichiarato la nullità del contratto di timesharing e del contratto di finanziamento collegato. Un'altra vittoria di Confconsumatori che consolida l'orientamento della giurisprudenza in materia di multiproprietà, timesharing, e non solo . Lo stesso principio si applica, infatti, a tutti gli acquisti effettuati con un contratto di finanziamento procurato dalla stessa società venditrice, nel caso in cui la compravendita del bene venga dichiarata nulla o risolta per vizi del contratto e del bene.
« Questa pratica di vendita delle vacanze in timesharing- commenta Wanda Zurlo, legale di Confconsumatori che ha difeso gli associati in giudizio – è una delle tante e ormai diffuse truffe perpetrate ai danni di cittadini da veri e propri esperti dell’arte della persuasione, esercitata con metodi suggestivi e fraudolenti facendo leva sul desiderio legittimo di concedersi la possibilità di viaggiare a bassi costi. Purtroppo, tale desiderio rimane frustrato e resta il peso di un impegno economico pesante ».
Fortunatamente e grazie al lavoro svolto anche dalla Confconsumatori, sono molti i Tribunali che si pronunciano a favore dei consumatori dichiarando la nullità dei suddetti contratti. Importante è soprattutto l’affermarsi della giurisprudenza che, sottolineando lo stretto collegamento tra i due contratti, dichiara la nullità di entrambi , esonerando il consumatore dall’obbligazione assunta con il contratto di finanziamento (per lo più rate mensili per almeno 5 anni o più).
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PER APPROFONDIRE:
L’origine comunitaria del “contratto di credito collegato”
« La legislazione sul punto , – spiega Wanda Zurlo – seppure in ritardo anche rispetto alla giurisprudenza, si è finalmente adeguata a partire da una normativa comunitaria riguardante tutti i casi in cui si acquista un bene mediante finanziamento» . Infatti, la direttiva 87/102/CEE aveva introdotto il principio della sussistenza dell’“ accordo di esclusiva ” tra fornitore e finanziatore quale presupposto essenziale per consentire al consumatore il diritto di eccepire, anche nei confronti del finanziatore, le eventuali inadempienze del fornitore (principio recepito dall’art. 42 Cod. Consumo). Il requisito dell’accordo di esclusiva si rivelava però insufficiente a tutelare il consumatore.
È stato quindi la successiva direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori, ove il concetto di “esclusiva” veniva totalmente abbandonato e il legislatore italiano interveniva finalmente a definire il “contratto di credito collegato”, qualificandolo come “ un contratto di credito finalizzato esclusivamente a finanziare la fornitura di un bene o la prestazione di un servizio specifici ”. In attuazione di tale direttiva veniva emanato l’ art. 121 del D.Lgs n. 141 del 13.08.2010 , il quale sanciva che ai fini della sussistenza della qualità di contratto collegato, “ è necessario che ricorra almeno una delle seguenti condizioni:
1) il finanziatore si avvale del fornitore del bene o del servizio per promuovere o concludere il contratto di credito;
2) il bene o il servizio specifici sono esplicitamente individuati nel contratto di credito ”;
Nella quasi totalità dei casi, sono presenti entrambe le condizioni richieste dalla normativa indicata.
Si tratta, come detto, di una importante possibilità di tutela per tutti quei casi in cui si acquista un bene che presenta poi dei vizi: con la normativa attuale si possono contestare al fornitore sino a chiedere la nullità e/o la risoluzione del contratto di acquisto o di fornitura poiché la nullità e/o risoluzione si estendono anche al contratto di finanziamento .