Molti turisti sono già andati in vacanza e altri lo stanno facendo attraverso i cosiddetti pacchetti turistici “tutto compreso”.

Ad alcuni capita, purtroppo, di dover rinunciare al viaggio all’ultimo momento per motivi improvvisamente insorti e a loro non imputabili . Si pensi, ad esempio, ad un ricovero ospedaliero, anche di un familiare, ad un impegno professionale, ad un lutto. Ed è in questi casi che, spesso, insorge una controversia tra il consumatore e il tour operator organizzatore del viaggio. Quest’ultimo, invocando quanto previsto dalle condizioni generali del contratto, non restituisce le somme ricevute  o richiede quelle pattuite, anche se il turista non ha usufruito della vacanza.

Finalmente, a fare chiarezza su questa problematica, è intervenuta la scorsa estate una sentenza della Corte di Cassazione, che ha ritenuto sussistere la risoluzione del contratto e quindi la conseguente integrale restituzione delle somme . In questo caso si è trattato dell’insorgere, sull’isola di Santiago di Cuba, della “dengue” emorragica, malattia infettiva trasmessa dalle punture delle zanzare, a causa della quale i turisti hanno rinunciato alla vacanza.

La decisione è importante perché va oltre quanto previsto dallo stesso Codice del consumo, che prevede la semplice facoltà di recesso del turista in presenza di un fatto sopraggiunto a lui non imputabile. La Corte ha osservato che il contratto di viaggio è funzionale al soddisfacimento di profili di relax, svago, ricreativi, ludici, culturali, escursionistici; profili, tutti, in cui si sostanzia la “finalità turistica” o lo “scopo di piacere” assicurato dalla vacanza. Tale finalità non costituisce un irrilevante motivo del contratto, ma la causa concreta , che qualifica  l’essenzialità di tutte le attività del tour operator volti alla realizzazione del preminente scopo, e cioè il benessere psico-fisico, che il pieno godimento della vacanza, come occasione di svago e di riposo, è volto a realizzare.

E, con riferimento al caso concreto, le condizioni igienico-sanitarie determinatesi nella località rendevano la prestazione dovuta dal tour operator inidonea al soddisfacimento dell’interesse dei turisti al godimento della vacanza in condizioni di ordinaria tranquillità, secondo i canoni di valutazione propri di un turista medio. Questa decisione è certamente destinata a ribaltare il rapporto di forza, che fino ad oggi vi è stato a svantaggio dei consumatori, troppo spesso vittime del dictat “o bere o affogare” a loro intimato dai tour operator.

avv. Carmelo Calì – Presidente Confconsumatori Sicilia