
Da quando l’utilizzo di Facebook, LinkedIn, Twitter &Co. si è diffuso in modo esponenziale, gran parte dei rapporti umani si sono trasformati, divenendo “digitalizzati”. Ma quali “condizioni di contratto” regolano l’uso dei social network? La gratuità del servizio è reale?
Con l’espressione “social media” si indicano tutte le tecnologie che si adottano per condividere contenuti testuali, immagini, video e audio.
Sebbene lo sviluppo della rete sia una passo avanti per la società, esso ha posto problemi per la tutela della riservatezza. È bene, allora, adottare qualche accorgimento così che si possa essere “social” senza perdere di vista il controllo della propria privacy.
Chi fa da sé fa per tre
Chi usa i dati e le informazioni riguardanti una certa persona, è sempre tenuto a rilasciare un’informativa che illustri modalità e finalità del trattamento; costui, inoltre, diventa il soggetto responsabile a cui potersi rivolgere in caso di violazione.
In secondo luogo, occorre comunque tenere a mente che la migliore difesa per la propria privacy consiste nel buon senso e nell’adozione di piccoli accorgimenti:
1. riflettere bene prima di inserire online dati che non si vuole vengano diffusi o che possano arrecare danno a chi li pubblica;
2. cercare le impostazioni relative alla privacy e limitarle: si può, infatti, dare il consenso alla diffusione solo di alcune informazioni, oppure non consentire ad altri di rendere pubblici dati che ci riguardano (foto, video, ecc…). In casi estremi è anche possibile rendersi non ricercabili per evitare molestie da soggetti indesiderati;
3. occhio al falso senso di “intimità”: fare dei social networks un diario personale dove i sentimenti, emozioni, gioie, dolori e avvenimenti importanti vengono comunicati agli altri si trasforma in un’arma potenzialmente letale, soprattutto se di essi vengano a conoscenza persone “scomode” o di chi non vorremmo (ad esempio, potenziali datori di lavoro). Se si pubblica troppo di sé stessi si rischia di fare brutte figure con chi non ci conosce, ricordiamo che le “piazze virtuali” hanno una velocità di espansione delle notizie praticamente istantanea! [1]
La tutela della legge
Il principio generale che anche i proprietari dei social networks sono chiamati a rispettare è che la pubblicazione di un’immagine o un dato che riguardi altri è ammessa solo con il consenso inequivocabile dell’interessato (che, se minorenne, è sostituito da quello dei genitori).
Il consenso viene dato, generalmente, in fase di registrazione alla piattaforma virtuale: quando ci si iscrive, infatti, si dichiara certamente di essere proprietari delle foto, dei video, ecc… ma si accetta anche la condizione che, nel momento in cui tale materiale venga caricato o condiviso sul social network, esso venga dato in licenza a tutti e possa essere usato (in modo lecito) da chiunque possa accedervi. Cliccando “mi piace”, aggiungendo “tag” o premendo il tasto “condividi” tutto quello che è presente sul profilo personale, da privato, diventa pubblico.
Nel caso in cui siano pubblicati sul profilo commenti offensivi della reputazione, oppure quando si venga taggati su foto lesive dell’immagine personale, ecc… L’ordinamento prevede che, qualora vi sia ingiuria, diffamazione o molestie a mezzo internet sia possibile sporgere denuncia-querela alla polizia.
Nel caso di uso illegittimo delle immagini è, inoltre, prevista l’azione inibitoria che si può avviare dinanzi al giudice, volta a far cessare l’illecito uso dell’immagine pubblicata.
Se non è qualificabile come vero e proprio reato o abuso dell’immagine altrui (ad esempio, foto che non sono gradite perché semplicemente “brutte”) ci si può comunque rivolgere al gestore del social chiedendo che la foto “sgradita” venga rimossa: egli avrà così il ruolo di mediatore e potrà cercare di risolvere bonariamente la questione.
Allora questa è la regola generale: quando si pubblica un contenuto digitale che riguarda anche un’altra persona è sempre bene chiedersi se si stia ledendo, in qualche modo, la sua persona o la sua privacy: nel dubbio, meglio domandare il consenso una volta in più al diretto interessato! [2]
Dai social si può uscire?
Non proprio. Infatti, se in qualunque momento si può decidere di “disattivare” l’account con il profilo personale, non è invece concessa la totale cancellazione. I dati che si sono pubblicati durante la vita sociale sono conservati dal server e negli archivi informatici dell’azienda che offre il servizio. Tutto questo, però, deve essere previsto dalle condizioni generali e accettato al momento della sottoscrizione: in caso contrario, trattenere informazioni altrui dopo la revoca del consenso è illegittimo! Per esercitare la revoca al trattamento dei propri dati, basta inviare una mail agli indirizzi di posta elettronica forniti per i “contatti” dal gestore del sito.
Il gioco dell’economia
I social network, apparentemente gratuiti, sono invece profumatamente pagati dalle informazioni personali su gusti, abitudini di vita e interessi di chi li usa che vengono vendute a pubblicitari, aziende di marketing e operatori del mercato a scopo commerciale. Si tratta, insomma, di un gioco economico, assolutamente lecito perché la circolazione dei dati viene autorizzata preventivamente dall’utente che si iscrive al social.
Il Social-glossario
Chi si appresta a creare un profilo su Facebook, su LinkedIn o su Twitter è bene che conosca qualche vocabolo tipicamente utilizzato nel gergo della rete [3].
- Chattare: indica lo scambio di messaggi attraverso internet tra due o più persone contemporaneamente.
- Condividere: significa permettere agli utenti conosciuti e sconosciuti di accedere al materiale pubblicato sul computer o caricato sul profilo del social network.
- Taggare: vuol dire marcare, dare un’etichetta virtuale. Il tag indica anche una parola chiave associata ad un contenuto multimediale (immagine, articolo, video), utile nei motori di ricerca. Sui social network, si dice “sei stato taggato” quando qualcuno ha attribuito il tuo nome/cognome a una foto o nel contesto di una frase specifica (status), al fine di coinvolgere.
- Cyberbullismo: è un fenomeno che si sta espandendo e consiste nel molestare altri soggetti presenti sulla rete tramite video o foto offensivi, oppure violando l’account di altri.
- Postare: significa pubblicare un messaggio (dall’inglese: to post), testi, immagini o video su una bacheca virtuale.
- Mandare un poke / pokare: è l’equivalente dello squillo telefonico. Serve ad attirare l’attenzione di un amico o di uno sconosciuto.
- Uplodare/ Downlodare: indicano il caricamento (dal pc alla rete) e il salvataggio inverso (dalla rete al pc) di file e immagini presenti su internet.
[1]Un metodo quasi infallibile per usare i social network senza farsi riconoscere all’esterno della propria rete di contatti è quello di registrarsi con uno pseudonimo: in questo modo, non essendo palesi il nome di battesimo e il cognome, sarà più difficile per chi non conosce lo pseudonimo del contatto – ricercare una persona specifica, trovarla e (nei casi più gravi) rubarne l’identità digitale.
[2] In tutti i casi di violazione della propria privacy sui social network, inoltre, è data la possibilità di segnalare la lesione al Garante (www.garanteprivacy.it): se entro 60 giorni dall’inoltro del ricorso l’Autorità non si è pronunciata, sanzionando il comportamento scorretto o inibendo la condotta, la procedura si intende rifiutata.
[3]Tante altre informazioni sull’uso dei social network si possono trovare sul sito internet dell’Autorità garante della Privacy, nell’apposita guida: http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/1617879.